Il nostro nome sarà dimenticato, col tempo. Nessuno ricorderà il nostro lavoro. La nostra vita passerà come le tracce di una nuvola e si dileguerà come foschia braccata dai raggi del sole.
Perchè il nostro tempo è il passaggio di un’ombra e le nostre vite corrono come scientille tra le stioppie.
Metto una pervinca, blu…sulla tua tomba.


1997, Cottage di Derek Jarman a Dungeness nel Kent (UK).

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Agosto 1997

“Circa settanta miglia a sud di Londra. Ho la macchina a nolo ancora per un giorno, domani la devo riconsegnare. L’indirizzo sono riuscito a procurarmelo, ma non so nulla del posto dove sto andando: Dungeness nel Kent, vicino alla Dungeness Nuclear Power Station. E’ una piccola cilindrata, tanto il limite di velocità è 70 miglia in autostrada, c’è l’autoradio. Il traffico è intenso, sono costretto a fermarmi più volte, questa A25 direzione South è proprio lunga e fastidiosa. Prenderò la A21 che porta al tunnel, a Dover e in vari altri luoghi.

Perché proprio a Dungeness?

Finalmente ho capito la ragione del traffico: i soliti lavori di manutenzione. Nel frattempo il limite di velocità è sceso a 50 miglia, impossibile andare a più di 40. C’è il sole: niente nuvole, il vento è a stento percepibile. Sono le dieci del mattino e già fa caldo: apro i finestrini e spengo l’inutile ventola. L’autoradio non si sente quasi più.

Proprio non so immaginarmelo il luogo dove sto andando: so che c’è il mare e che c’è una centrale nucleare, so che non ci dovrebbe essere nient’altro. Mi ci vorrà almeno un’ora e mezza prima di arrivare. Così non ho immagini in mente che mi possano guidare in questo viaggio, ho solo sensazioni e desideri. L’idea di andare in un posto a cercare qualcosa che forse non c’è più, in un posto solitario e abbandonato, mi eccita e, in definitiva, mi ha spinto a sacrificare l’ultimo giorno di macchina a nolo.

Ho lascito gli amici a Londra, anche Onelia l’ho lasciata là. Ho voluto starmene un giorno da solo, senza la presenza di altri esseri umani, ho voluto dedicare questo giorno a me stesso. Così li ho accompagnati a Londra e sono subito partito alla volta del Sud. Ho fatto però il pieno a Londra, che costa sicuramente meno.

Dungeness perché è il posto dove c’è il “Prospect Cottage”: il cottage di Derek Jarman, ormai il fu Derek Jarman.

Ho lascito la A21 per prendere la B2434 che porta appunto dove voglio andare. Ormai il traffico è sparito già da un pezzo: posso sfrecciare a più di 70 miglia orarie senza particolari problemi. Il paesaggio è piatto e piuttosto secco. Mi sembra irreale: per quanto caldo possa fare, sono comunque in Gran Bretagna non in Grecia. Il caldo si vede sulla strada come vapore lontano che altera la visuale deformandola. Mi sembra di essere nel deserto, sulle strade lunghe e dritte che attraversano i deserti americani. Esagero, evidentemente esagero.

Non che ami particolarmente il cinema di Jarman, i suoi film mi attraggono e mi affascinano nella misura in cui non li capisco. Ma è mia consuetudine seguire e desiderare spropositatamente tutto ciò che non capisco. Non lo capisco perché non riesco a trovarci un filo logico e una struttura razionale ben precisa, ma ce ne trovo diverse, o non ce ne trovo e basta. Mi attira perché è un cinema di immagini e di suoni: la parola c’è ed è abbondante, ma rientra nelle immagini e nei suoni. Addirittura “blu” mi sembra un film di immagini e di suoni, non di parola, sebbene sia al 99,99% parole.

Sono quasi giunto a destinazione. Il traffico è diminuito, ora sono solo lungo la strada. Uno svincolo mi pone delle domande: quale sarà la direzione. Ho soltanto una micro cartina che segnala “Golfo di Dungeness” e, abbastanza vicino, un aeroplano. Un aeroporto. Sono fermo allo svincolo, fortuna che sono solo. Il caldo è opprimente per l’umidità, tra cielo e terra non c’è quasi differenza, egualmente impastati di particelle diffuse di vapore acqueo: senza contorni, senza definizione, forme vagamente percepibili. Un cartello indica la direzione dell’aeroporto. Lo seguo. Il paesaggio è mutato nel clima, sicuramente più umido e “salato”, e nell’aspetto: la terra si è trasformata in continue distese di sassi bianchi. Gli edifici, i cottage, sono costruiti sui sassi, la strada asfaltata corre sui sassi, i pali della corrente sono conficcati nei sassi. Paesaggio piatto, paesaggio di sassi. Devo ammettere che l’effetto è piacevole, se non fosse per l’afa.

Il “Prospect Cottage” esiste tuttora. Ho chiesto senza speranza nella hall della Centrale Nucleare, mi hanno stupito indicandomi con naturalezza il posto dove avrei trovato l’edificio. A quanto pare è una meta abbastanza frequentata.

Eccomi qua, di fronte al cottage. Pensavo fosse l’unica costruzione del luogo, in realtà ce ne sono altre, molto vicine. Non è isolato, è invece inserito appieno nell’ambiente umano e nel paesaggio. Ciò che ovviamente stupisce maggiormente il visitatore ignaro è il giardino del “Prospect Cottage”: ricco di decorazioni artistiche in metallo, sasso, legno. Stupisce. Per poco. E’ necessario fare due passi per rendersi conto come un villaggio di pescatori sia in realtà una distesa di case e baracche attorniate da innumerevoli resti tecnologici ed umani: barche abbandonate tra i sassi, strani marchingegni ad ingranaggi di colore ruggine perché mangiati dalla sale, corde sul suolo attorcigliate in sagome multiformi, oggetti impacchettati. Il tutto forma una grande e variegata opera d’arte. Jarman non ha fatto nient’altro che riproporre nei suoi cento metri quadri una regola estetica o per lo meno un input visivo ed esistenziale già presente a Dungeness.

C’è scritto: Casa privata, vietato guardare attraverso le finestre, ogni riproduzione fotografica è vietata senza il permesso del proprietario. Ma Jarman è morto!

Chi ci abita? La casa è vuota ma la mobilia è sana e i cactus all’interno godono di ottima salute. Chi ci abiterà?

Scatto il mio rullino in b/n.

Faccio quattro passi nei dintorni e mi sdraio tra i sassi ad ascoltare i gabbiani e il suono delle onde. Non c’è un filo di vento. Mangio i resti di cibo del giorno prima. Mi addormento.”